Qualche giorno fa ci siamo imbattuti in un interessante articolo di un noto media nazionale sulla scena punk-rock italiana di fine anni ‘90/inizio Nuovo Millennio, che ha scatenato una serie infinita di reazioni da parte di lettori e curiosi. Parlatene bene, parlatene male, purché ne parliate insomma… E così è stato… Ma quella scena – per chi l’ha vissuta sulla propria pelle – non è stata poi così male diciamocelo…
Perché?! Semplice: c’era fermento, voglia di farsi sentire e di fare, c’era energia e soprattutto tanti, tantissimi adolescenti che supportavano. Oltre alle band c’erano persone dietro alle quinte pronte a sbattersi: labels come Ammonia, Tube, Agitato, Riot, Wynona Records e KOB giusto per citarne alcune, agenzie booking indipendenti, venue divenute storia (dal Rainbow Club al Downtown del C.S. Leonkavallo) fanzine e riviste di settore (chi se lo ricorda lo Speciale Punk di Rock Sound?!), insomma cose che oggi a parte rare situazioni, sono andate perse. E solo per questo, un po’ di malinconia è lecita no?! Erano gli anni dove la musica non era qualcosa di digitale, dove ci si organizzava per andare a vedere un concerto dal vivo e non su YouTube e dove coi cellulari mandavi sms, non selfie dal palco. Ok, vogliamo parlare di band?
Facciamolo, partendo dalla band che più di ogni altra ha fatto breccia nei cuori dei kids di allora: i Punkreas. Ok, oggi non sono più i punks di allora (sarebbe alquanto ridicolo se così fosse, gli anni passano), ma quando hai a che fare con brani come “Anacronistico”, “Occhi puntati” e “Sesto senso” come si fa a non cantarle ancora oggi?! Nomi ska-oriented? Partiamo dal poker Shandon, Vallanzaska, Persiana Jones, Statuto. Su questo genere se ne può dire di ogni, ma ai tempi queste band facevano ballare e cantare come poche, tra brani di protesta e altri dai testi (vedi il caso dei Vallanzaska) che nemmeno “pop-star made in Italy” odierne riescono a mettere insieme in tutta la loro carriera.
Ma il punk era voglia di concerti, di pogo e quant’altro: pur non essendo dei premi nobel in fatto di letteratura i Pornoriviste li si ricorda più che volentieri ancora oggi (erano forse i più punk tra i punk a pensarci bene), con la voce sguaiata (e a tratti incomprensibile) di Tommi e il loro modo di essere “seri” (“Gli ultimi secondi”, “Tutto uguale”) e ignoranti (“Io sono il tuo tipo”, “Kasellante”) al tempo stesso. Autentici bomber. E se sulla scia dei bomber di razza vogliamo restare, i Derozer sono un altro nome fondamentale, di loro piaceva tutto, dal provocatorio bassista Mendes ad alcune bombe come “Alla nostra età”, “Suzy” e “Fedeli alla tribù” (omaggio al Vicenza Calcio per la storica semifinale di Coppa Coppe contro il Chelsea del 16 aprile ‘98).
Rimaniamo nella parte est della Penisola dove hanno trovato luce Moravagine, Peter Punk e Sun Eats Hours, forse meno al centro dell’attenzione rispetto ai gruppi sopra citati ma di sicuro molto attivi tra uscite discografiche e tour. Poi c’era l’OI!, un genere di nicchia che ha portato Los Fastidios e Klasse Kriminale ad essere nomi più che rispettati anche fuori dai nostri confini…
E c’erano infine esempi come Paolino Paperino Band, Pay e Stinking Polecats, altri tre nomi che sicuramente i più attenti di voi conosceranno bene. L’Italia punk-rock era questa e molto altro, come testimoniato da nomi che rimarranno per sempre indelebili all’interno della scena alternativa tricolore come FFD, Gasnervino, Crummy Stuff, Succo Marcio, Duff, Banda Bassotti, L’Invasione Degli Omini Verdi, Cattive Abitudini, Melt, Gambe Di Burro, Impossibili, (Gli) Ignoranti, Latte+, Manges, Marsh Mallows, Peawees e Razzi Totali. Una breve (ma non troppo) lista per far capire che, in fondo, quegli anni non sono stati poi così male.