La lettera di “addio alle armi” di Ben Weinman dei Dillinger Escape Plan analizzata con la lente d’ingrandimento offre spunti interessanti, che vanno ben oltre lo status di eccellenza musicale raggiunta dalla band… Vediamo perché.
“Siamo molto entusiasti di questo album, ma, al tempo stesso, il 2017 segnerà il nostro ventesimo anniversario come band… Abbiamo riflettuto sul fatto che non vogliamo arrivare al punto di doverci fermare perché siamo costretti a farlo, perché siamo vecchi o perché alla gente non interessiamo più. Probabilmente è innegabile che non potremmo mai fare ciò che facciamo adesso quando avremo sessant’anni, ma non ci stiamo fermando ora perché non ci sentiamo in grado di andare avanti. E’ ovvio che il tipo di show che proponiamo sarà inattuabile in futuro – i miei arti stanno cadendo a pezzi già adesso – ma non importa, perché quando suoniamo, suoniamo. Il resto del mondo cessa di esistere. Credo che questi momenti saranno ciò che mi mancherà. Tuttavia, voglio sottolineare che non è una situazione in cui potremmo ritrovarci a breve: ci eccitiamo ancora e continuiamo a trovare catarsi quando suoniamo. Ma, appunto, una delle ragioni per fermarci adesso è proprio perché abbiamo questa sensazione di pieno controllo sul nostro destino”. Firmato Ben Weinman, chitarrista dei The Dillinger Escape Plan.
Ora, rileggendo il suo discorso da fan – quale sono – non potrei far altro che applaudire stile standing ovation, col fazzoletto pronto ad asciugare le lacrime. Dall’altra però, mi sembra di trovarmi di fronte ai soliti messaggi “promozionali” scontatissimi di addio, che di sicuro nulla hanno a che vedere con il modo di essere controcorrente di questa band. Da loro mi sarei aspettato un gelido “Hey, abbiamo un nuovo disco e un tour mondiale in arrivo, sappiate che dopo di tutto ciò ci scioglieremo”. Diretto, incisivo, senza mezze frasi da paraculo. D’altra parte diciamocelo francamente: i The Dillinger Escape Plan non hanno mai raggiunto quel successo che forse avrebbero meritato ai tempi di “Miss Machine”, quando erano i pionieri di un genere che non è mai veramente esploso. E se col tempo la formazione continua a cambiare, i dischi non hanno dati di vendita che possano far portare a casa la pagnotta a tutti loro per di più costringendoli a suonare per 360 giorni all’anno beh, sfido chiunque ad andare avanti. Meglio quindi dire basta ora, nel bel mezzo del lancio di un nuovo disco che di sicuro non aggiungerà nulla di nuovo da quanto proposto in passato e con un tour che per forza di cose fruttare in termini economici molto più dei precedenti essendo il “Last Tour”.
Insomma la gioia di ogni label e ufficio stampa che si rispetti, con in mano un disco normalissimo ma con una notizia bomba da sfruttare a piene mani. Una mossa da genio quella di Ben Weinman? Sì, perché da musicista e uomo di musica quale è ha sicuramente ponderato ogni singola situazione arrivando a pensare a questo piano come al migliore. Che poi tranquilli, non staranno di sicuro fermi per molto: nei prossimi due/tre anni metteranno in piedi nuovi progetti artistici, reinventandosi in altre situazioni per poi tornare con una “attesissima” reunion. Di sicuro in questi vent’anni ce l’hanno messa tutta, tra fratture scomposte, show pirotecnici (col fiamme vere decisamente poco controllate, mica come quei fighetti dei Rammstein) e colpendo nel segno i loro fan con questo comunicato.
Ma se di loro era sempre piaciuta l’irriverenza e l’essere al di fuori dei classici schemi legati al music biz beh, oggi spiace dirlo, tutto sembra essere cambiato, portandoli a usare metodi promozionali troppo simili ad altri centinaia di casi. Sarà l’età, sarà il fatto che l’ultimo colpo bisogna spararlo come si deve, ma di sicuro un po’ di amaro in bocca ha lasciato. Buona fortuna ragazzi.