Dopo essersi presentati al grande pubblico con una serie di singoli, la band piemontese Crossing Belt giunge al tanto atteso debutto discografico con “Black Sheep”, disco che oltre a evidenziare l’anima alternative del progetto ha nel suo DNA elementi inconsueti a iniziare dal country rock. Li abbiamo incontrati per saperne di più.
“Black Sheep” potremmo definirlo un prodotto “strategicamente parlando” dei giorni nostri, ossia con una programmazione a livello di uscite metodica in fatto di singoli. Chi vi ha ispirato in termini di planning e ha portato risultati soddisfacenti questo modo di operare a vostro avviso?
Già prima di scrivere “Black Sheep”, avevamo in mente di rilasciare ogni canzone un po’ alla volta. L’idea è che, purtroppo, non siamo i Metallica, i quali possono permettersi un silenzio di anni e poi creare hype per l’uscita del nuovo album. Oggigiorno, è necessario essere sempre presenti sui social e dimostrare di creare continuamente qualcosa di nuovo, altrimenti si rischia di essere presto dimenticati. Così, insieme al nostro produttore Jax, abbiamo deciso di rilasciare ogni canzone dell’album come singolo. In questo modo, abbiamo potuto dedicare ad ogni brano il tempo e lo spazio che meritava. Non ci piaceva l’idea che qualche canzone potesse rimanere più nascosta rispetto alle altre. Ora che i pezzi sono stati tutti rilasciati, direi che è stata davvero una scelta azzeccata!
Il disco è ormai fuori da qualche settimana, a distanza di tempo che idea vi siete fatti di questa vostra nuova fatica?
Si può dire che è stato un percorso lungo, difficile e faticoso, ma ci sta dando davvero grandi soddisfazioni! Pensiamo di aver dato davvero il massimo nello scrivere questo album e sicuramente è il miglior lavoro che abbiamo prodotto senza ombra di dubbio. È stato un grosso passo in avanti rispetto ai precedenti sotto praticamente ogni punto di vista!
Un percorso quello inerente all’album che penso sia nato nel periodo pre/post-Covid. Quanto è stato complesso e al tempo stesso stimolante trovare quel senso di unione per cercare di dare nuove idee ed energie al progetto Crossing Belt?
Esattamente, abbiamo iniziato a scrivere l’album proprio durante il periodo del Covid! Eravamo a un punto cruciale del nostro percorso. In sintesi: o tentavamo di fare un salto di qualità, oppure ci saremmo sciolti. Fortunatamente, abbiamo deciso di tentare la prima strada. Ciò, però, ha portato all’abbandono di due quinti della band, poiché ci aspettava comunque un percorso complesso e pieno di sacrifici. Ora, con l’attuale line-up, condividiamo tutti lo stesso obiettivo, il quale è fondamentale per poter sopravvivere in questo mondo.
Il vostro stile si è evoluto brano dopo brano a mio avviso, ma trovo che solamente ascoltando il disco per intero si possa constatare un’evidente crescita, con nuovi input nel sound e nel modo di interpretare ogni brano. Ci raccontate di più per quel che riguarda la fase di songwriting e produzione?
Come accennato in precedenza, abbiamo iniziato a scrivere “Black Sheep” durante il periodo del Covid. Questo significava che, a causa del lockdown, non potevamo incontrarci in sala prove. Così, abbiamo optato per la scrittura dei brani “da remoto”, registrandosi ciascuno a casa propria e poi assemblando il tutto. Questo approccio ci ha permesso di concentrarci attentamente su ogni dettaglio. Infatti, spesso avevamo diverse versioni di una stessa sezione di una canzone e, dopo averle riascoltate, sceglievamo quella che preferivamo. È stato molto interessante lavorare in questo modo, che ha sicuramente introdotto un nuovo approccio alla fase di scrittura. Abbiamo anche sperimentato: di solito iniziamo a scrivere i brani a partire da un riff di chitarra, ma nel caso di “Take You Down”, ad esempio, abbiamo iniziato con la melodia vocale. Con la nuova formazione, poi, abbiamo rivisto tutti i brani da zero, scartandone alcuni e creandone di nuovi. “Run to the Grave” e “Wild Side”, sono stati composti ex novo con la nuova line-up e sono forse tra i migliori dell’album.
Quali sono stati a vostro avviso i momenti più complessi in fase di stesura e quale invece pensate sia stato il momento di massima espressione raggiunta in studio?
La scrittura “da remoto” è stata senza dubbio molto complessa, soprattutto all’inizio. Tuttavia, con il passare del tempo, siamo riusciti a prendere sempre più dimestichezza con questo nuovo processo. Anche in studio, possiamo dire di essere migliorati notevolmente col tempo. Abbiamo iniziato a registrare le versioni definitive delle canzoni di “Black Sheep” nell’agosto del 2022 con “Intoxicated” e abbiamo terminato la registrazione dell’ultima canzone, “Wild Side”, nel dicembre del 2023. Abbiamo quindi realizzato quattro o cinque sessioni di registrazione, distribuite nell’arco di più di un anno. La registrazione di “Wild Side” è stata sicuramente più fluida rispetto a quella di “Intoxicated”. Ormai siamo ben rodati e registrare in studio è diventato estremamente divertente. Forse, il momento più bello in studio è stato durante la registrazione della title track “Black Sheep”. Abbiamo infatti utilizzato catene e bonghi e, per registrare i cori, ci siamo posizionati sulle scale appena fuori dallo studio di registrazione!
Il disco è stato registrato a Torino da Jax, una collaborazione che tra l’altro si è rinnovata col passare del tempo. Cosa pensate abbia dato di suo al disco e cosa vi piace maggiormente a livello di produzione?
La collaborazione con Jax ci ha permesso di elevare il nostro sound ai livelli professionali che desideravamo raggiungere. Ha immediatamente compreso il nostro approccio alla musica e i suoni che volevamo ottenere. Inoltre, ci ha fornito consigli preziosi durante la registrazione dei brani. Ci ha particolarmente colpito il modo in cui è riuscito a rendere le nostre canzoni così potenti!
“Black Sheep” è per la sua stragrande maggioranza un “disco live”, ossia a mio avviso totalmente riproponibile in sede live. Il fatto di voler dare questo senso di live ai brani è dovuto a una scelta presa nella fase di songwriting?
In realtà, considerando il modo in cui sono nate la maggior parte delle canzoni dell’album, siamo rimasti piacevolmente sorpresi nel constatare che dal vivo suonano eccezionalmente bene. Anzi, il risultato ha, diciamo, superato ogni nostra aspettativa, poiché una delle nostre principali preoccupazioni, dopo aver composto queste canzoni “da casa”, era proprio capire come avrebbero reagito una volta portate in sala prove per la prima volta, dato che, a causa del lockdown, non ci era stato possibile farlo.
E a proposito di live, come vi siete approcciati dal vivo ai nuovi brani?
Con questa nuova line-up abbiamo deciso di suonare per tutto il concerto “a click”. Non eravamo abituati a farlo, ma devo dire che una volta presa la mano la differenza rispetto a prima è sostanziale. Molti dicono che suonando con il metronomo si perde un po’ di carica ed energia. Forse, è vero ma dipende dal genere musicale che si suona. Nel nostro caso, ha migliorato di molto le nostre performance live. Anche suonare con i monitor in-ear devo dire che è stato un grande passo in avanti. La differenza rispetto a prima è abissale.
Cosa dobbiamo aspettarci da questa seconda parte di 2024 dai Crossing Belt?
Inizieremo a presentare dal vivo il nostro album sia a Torino e nei dintorni sia all’estero. Stiamo lavorando intensamente in questa direzione, soprattutto per organizzare concerti fuori dall’Italia. Vi consiglio di seguirci sui social per ricevere tutte le novità e per non perdere l’opportunità di ascoltare i nostri brani dal vivo! Non ve ne pentirete!