Suffer Music Mag ha fatto il punto di questa ennessima “calata” europea dei canadesi Obey The Brave di supporto al nuovissimo album “Mad Season” grazie ad una chiacchierata con il chitarrista della band Terrence James McAuley.
Come da tradizione nuovo album e subito on the road. Definirvi instancabili è ormai una consuetudine non trovi?
Non ci annoiamo, questo è certo! (risate) Ormai ci siamo abituati a vivere le nostre vite in questo modo, al punto che quando siamo fermi ognuno di noi suona in altre band.
Suonare musica alternative a tempo pieno non è semplice di questi tempi, come vivi tutto ciò tu?
Fortunatamente faccio parte di una band che sin dagli esordi ha avuto la fortuna di avere al suo fianco una label e agenti che sanno il fatto loro. Questo di sicuro ti porta ad avere una partenza agevolata rispetto a moltissimi altri gruppi che invece sono costretti a partire da zero. Personalmente passando la stragrande maggioranza del mio tempo in tour per il mondo non percepisco chiaramente cosa significhi “vivere di musica”, diciamo che nei brevi periodi in cui sono a casa tendo soprattutto a rilassarmi e di tanto in tanto a fare piccoli lavoretti saltuari, giusto per non stare fermo.
Nel vostro caso il tour sono la risorsa economica principale?
Credo proprio di sì, non siamo una band capace di vendere centinaia di migliaia di copie nel mondo e per questo motivo se pensassimo di vivere con le sole royalties saremmo dei pazzi furiosi! I tour – così come il merchandise – sono fondamentali a far sì che ognuno di noi possa pensare solamente alla musica, per certi versi credo di essere un privilegiato.
Questo tour europeo estivo arriva a ridosso della pubblicazione di “Mad Season”, un disco decisamente più “easy listening” dei suoi predecessori. Sei d’accordo?
Se per “easy listening” intendi i cori e alcuni passaggi vocali melodici ok, direi che ci può stare come considerazione. Se guardassi invece il disco nella sua interezza trovo che sia la naturale evoluzione del nostro sound, senza per questo aver tradito i nostri fan. Suoniamo heavy come anni fa e ogni nuovo brano dal vivo è potente e diretto come mai prima d’ora. Non penso che qualcuno possa lamentarsi degli Obey The Brave odierni, anzi!
Questo tour vi sta vedendo protagonisti in tutto il Vecchio Continente, tra festival e club show. Come sta procedendo il tutto?
Molto bene! Non siamo nemmeno a metà tour e sono già decisamente stanco, questo mi preoccupa parecchio! (risate) A parte gli scherzi, amo essere sempre in movimento e il fatto di passare la maggior parte del mio tempo su di un van minuscolo con sette/otto persone non è semplice come cosa, specie d’estate!
So che oggi siete rimasti bloccati per parecchie ore alla Frontiera Svizzera, una consuetudine per la maggior parte delle band in tour…
Hanno regole assurde, gli unici al mondo credo! Ci hanno tenuto fermi per ore contando ogni singolo pezzo del nostro merch, chiedendoci poi di pagare una tassa doganale per esso. Unico problema: noi non dovevamo né fermarci in Svizzera né suonarci, quindi un’assurdità vera e propria! Alla lunga lo hanno capito pure loro, lasciandoci andare.
Cosa ti piace dell’Europa e cosa no in chiave live?
Non mi piace dovermi sobbarcare centinaia di chilometri di data in data, ma ormai credo di essermi abituato a tutto ciò. Non amo certi atteggiamenti di alcune booking agency local, che cercano sempre di darti una piccola parte di quanto hai richiesto in precedenza. Non parlo di soldi, ma anche semplicemente di backline, di cibo, insomma tanti piccoli punti che se uniti vanno a formare spesso problemi veri e propri. Tutto ciò succede nel 20% circa dei nostri show, una percentuale bassa che di sicuro non intacca l’amore che ho verso l’Europa. E poi l’Italia ragazzi…. Il suo cibo, la gente calorosa… Adoro tutto ciò!
La situazione più strana vissuta in tour?
Mah, ce ne sono capitate di ogni… Tour bus che prendevano fuoco, scontri decisamente “aspri” tra noi e promoter, fan che volevano autografi su indumenti intimi, potrei scrivere un libro in tal senso!
Tre consigli daresti a una band emergente?
Il primo è evitate di pubblicare musica di merda. Se non siete convinti di ciò che state per pubblicare, fermatevi e pensate se ne valga davvero la pena. Il secondo è quello di avere al vostro fianco persone che conoscano almeno un minimo il settore discografico e live: i tempi del DIY sono un lontano ricordo. Il terzo è suonare, suonare, suonare.
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