BETRAYED – Furia e Armonia

Di voi parlammo già con “Time Is The Best Murderer”, brano presente nel vostro ultimo capitolo discografico “Kasna”. Direi che in questi tre anni ne sono successe di cose, se non erro a iniziare da un singolo pubblicato nel 2024, “Oblivion”… Raccontateci tutto!
Ciao a tutti! Esatto, “Time Is The Best Murderer” è stato un brano chiave di “Kasna”, ma dopo quell’album non ci siamo mai fermati. Abbiamo continuato a scrivere, esplorare nuove sonorità e affrontare esperienze che hanno lasciato il segno nella nostra musica. Nel 2024 è uscito “Oblivion”, un singolo che segna una transizione importante per noi. Il brano parla di relazioni tossiche, di quanto possano logorarci dall’interno e trascinarci in un oblio senza via d’uscita. Volevamo catturare quella sensazione di soffocamento, quel senso di perdita e autodistruzione che a volte sembra impossibile spezzare. Musicalmente, abbiamo spinto su atmosfere cupe e avvolgenti, mantenendo la nostra intensità ma accentuando il lato più emotivo e viscerale del nostro sound.
Negli ultimi tre anni sono successe tante cose: abbiamo macinato chilometri tra concerti ed esperienze live incredibili, culminate in un tour da headliner in Slovacchia, Slovenia e Ungheria. È stato un momento fondamentale per noi, un’opportunità per connetterci con il pubblico in un modo ancora più intenso. Inoltre, abbiamo accolto un nuovo membro nella band: Luca Lee Josh, il nostro nuovo chitarrista, che ha portato nuova energia e influenze nel progetto.
Tutto questo sta confluendo nel prossimo capitolo. Non possiamo ancora dire troppo, ma possiamo assicurarvi che non abbiamo intenzione di rallentare.

La prima cosa che salta all’occhio prima di entrare nel contesto musicale è l’immagine, passata da un look tendenzialmente metalhead vecchio stampo a qualcosa di più studiato a mio avviso. Quanto lavoro c’è stato dietro agli aspetti extra musicali e quanto è stato difficile per certi versi “reinventarsi” in un caso come il vostro?
L’immagine è sempre stata una componente importante, ma negli ultimi anni abbiamo sentito l’esigenza di curarla in modo più consapevole, affinché rispecchiasse meglio l’evoluzione della nostra musica. Non è stato un cambiamento improvviso o forzato, ma un processo naturale: crescendo come band e come persone, è normale che anche l’estetica si trasformi. Dietro c’è sicuramente un lavoro attento, perché vogliamo che ogni dettaglio – dalla musica alla grafica, fino all’impatto visivo sul palco – sia coerente con ciò che esprimiamo. Non si tratta solo di “apparire”, ma di trasmettere un’atmosfera, un’identità. Reinventarsi può sembrare complicato, ma per noi è stato più un’evoluzione che un vero strappo col passato. È stato stimolante esplorare nuove possibilità e dare una forma più definita alla nostra visione. Alla fine, quello che conta è che tutto sia autentico. Se l’estetica si evolve, è solo perché anche noi siamo cambiati.

Passando al lato musicale già con “Oblivion” si notava la volontà di “discostarsi” da quanto fatto in precedenza, un sound che fino a quel momento vedeva il melodic death/thrash metal tra i suoi protagonisti. Come si è arrivati a questa evoluzione nel songwriting?
L’evoluzione nel nostro sound è stata un processo naturale, non qualcosa di pianificato a tavolino. Dopo “Kasna”, sentivamo il bisogno di esplorare nuove sfumature della nostra musica, di spingerci oltre i confini che avevamo costruito fino a quel momento. Oblivion è stato il primo passo in questa direzione: pur mantenendo le nostre radici nel melodic death e thrash, abbiamo voluto dare più spazio a un’atmosfera cupa e opprimente, lavorando su dinamiche diverse e su una componente emotiva ancora più forte. Rispetto a “Kasna”, che essendo un concept album ha richiesto un lavoro massivo e ultra pianificato – con brani intrecciati tematicamente e musicalmente – con i nuovi pezzi abbiamo deciso di adottare un approccio diverso e più coerente con il nostro stato attuale. Abbiamo lasciato più spazio all’istinto, permettendo alla musica di evolversi in modo più libero, senza dover sottostare a un’architettura prestabilita. Il cambiamento è arrivato spontaneamente, grazie anche alle esperienze vissute in questi anni, ai concerti e all’ingresso di Luca Lee Josh alla chitarra, che ha portato nuove influenze e un approccio fresco al songwriting. Non vogliamo mai ripeterci, e l’obiettivo è sempre stato quello di far sì che la nostra musica riflettesse quello che siamo nel momento in cui la scriviamo. Quello che è certo è che “Oblivion” non è stato un caso isolato, ma l’inizio di un percorso che stiamo portando avanti con convinzione. Ci sono ancora molte cose da dire e da esplorare, e non vediamo l’ora di farvi ascoltare dove ci sta portando questa evoluzione.

Un taglio al passato che ritroviamo soprattutto nel nuovo singolo “Parasite”, brano che potremmo definire modern metal o forse addirittura metalcore ricordando molto l’approccio di band come As I Lay Dying. Quale era l’obiettivo da raggiungere con questo nuovo singolo a livello di sound e come si sono svolti i vari passaggi legati alla sua composizione?
Con “Parasite”, abbiamo voluto dare un ulteriore taglio al passato, andando a esplorare territori più moderni e dinamici. Il brano riflette una sorta di evoluzione naturale del nostro sound, dove abbiamo abbracciato influenze che vanno dal modern metal al metalcore, ricordando un po’ l’approccio energico e “in your face”. L’idea era quella di creare un pezzo che fosse potente, ma anche ricco di sfumature emotive, con un equilibrio tra aggressività e melodia. A livello di sound, l’obiettivo era chiaro: spingere sui riff più taglienti, sugli incastri tra chitarre e batteria, senza perdere mai di vista l’intensità e la coerenza che ci caratterizzano. In particolare, ci siamo concentrati sui vari incastri melodici che contribuiscono a dare un’energia particolare al brano. Un altro elemento distintivo di “Parasite” è l’intro suonato con il pianoforte, che crea un’atmosfera malinconica e una sorta di contrasto con la potenza che esploderà subito dopo. La composizione è stata abbastanza fluida. Abbiamo iniziato con degli sketch di chitarra, lavorando poi insieme per arricchire il tutto con ritmiche pesanti e dettagli sonori che potessero elevare l’intensità del brano. Abbiamo anche puntato molto su un lavoro meticoloso sulle parti vocali, cercando di bilanciare la parte urlata con momenti più melodici, per dare al brano quella tensione che alla fine lo caratterizza. “Parasite” rappresenta sicuramente una direzione diversa, ma allo stesso tempo coerente con quello che stiamo cercando di fare come band: evolverci, ma restando fedeli alla nostra identità.

Come descritto nel comunicato stampa, “Parasite” è una sorta di viaggio nella psiche umana descritta soprattutto nelle sue parti più instabili. Volete parlarci del suo concept sonoro/lirico e qual è il messaggio principale all’interno del brano?
“Parasite” è una discesa nell’oscurità della mente, un urlo viscerale che riflette il caos e la frattura della schizofrenia. Abbiamo voluto dare voce a una mente tormentata, dove le realtà si sovrappongono e le voci interne si mescolano, confondendo il confine tra il vero e il falso. Musicalmente, il brano abbraccia il metal più aggressivo, con riff distorti, parti di batteria irregolari e sezioni vocali potenti che rispecchiano il conflitto psicologico che esplode in un turbine di emozioni contrastanti. Nel ritornello, la sovrapposizione di parti melodiche armonizzate, supportate da scream e growl incisivi, amplifica ulteriormente questa tensione. Le melodie offrono un’illusione di pace, solo per essere scosse e stravolte dalla forza delle voci urlate, come se la mente cercasse disperatamente un equilibrio ma fosse costantemente sopraffatta dal caos interiore. Il risultato è un contrasto emozionale che trascina l’ascoltatore in questa lotta senza fine.
Dal punto di vista produttivo, abbiamo scelto di autoprodurre il brano per mantenere un controllo totale su ogni aspetto del suono. Questo ci ha permesso di scolpire ogni singolo dettaglio, dalla struttura delle chitarre alle variazioni ritmiche, creando un’atmosfera che riflettesse al meglio la tensione e la distorsione mentale del tema trattato. Nulla è stato lasciato al caso: ogni elemento sonoro è stato pensato per immergere completamente l’ascoltatore e trasmettere con precisione la visione artistica dietro “Parasite”. Non è solo una canzone, ma un’esperienza sensoriale che scuote, provoca e, forse, fa riflettere.

Quali artisti (musicali e non) hanno influenzato la creazione di questo brano e quali in generali il progetto Betrayed?
Le influenze dietro “Parasite” sono molteplici e spaziano sia nel panorama musicale che in quello artistico più ampio. Dal punto di vista sonoro, il brano prende ispirazione da band che hanno saputo unire aggressività e profondità emotiva, come Whitechapel, Lorna Shore e molti altri. L’alternanza tra sezioni pesanti e melodiche, le armonizzazioni vocali e la costruzione dei riff sono elementi che abbiamo assimilato da queste realtà e reinterpretato nel nostro stile.
Oltre al metalcore e al modern metal, “Parasite” incorpora anche un certo tipo di narrazione sonora che richiama il mondo del cinema e della letteratura psicologica. Il tema del brano, legato alla schizofrenia e al caos mentale, è influenzato da opere come Fight Club di Chuck Palahniuk o film come Joker di Todd Phillips, che esplorano la fragilità della mente umana e la perdita del confine tra realtà e allucinazione. Per quanto riguarda il progetto Betrayed nel suo complesso, le influenze sono ancora più ampie. Se da un lato affondiamo le radici nel melodic death e nel thrash metal – con band come In Flames, Testament che hanno segnato la nostra crescita – dall’altro siamo sempre stati attratti dalle evoluzioni del metal più moderno. L’impatto sonoro e la profondità emotiva di gruppi come Gojira, Sleep Token, Whitechapel hanno sicuramente contribuito a spingere la nostra musica verso nuove direzioni. In definitiva, “Parasite” è il risultato di un intreccio di influenze che vanno oltre i generi musicali, abbracciando ogni forma d’arte capace di raccontare la complessità dell’animo umano.

Cosa dobbiamo aspettarci dai Betrayed in questo 2025?
Il 2025 sarà un anno fondamentale per i Betrayed. Dopo l’uscita di “Parasite”, siamo più motivati che mai a spingere il nostro sound verso nuove direzioni, mantenendo però quella coerenza che abbiamo consolidato nel tempo. Abbiamo già nuovi brani pronti da far uscire, nei quali continueremo a esplorare ed evolvere il nostro stile, bilanciando potenza e melodia in un modo ancora più maturo e personale. Oltre alla nuova musica, vogliamo concentrarci molto sull’attività live. Dopo l’esperienza del tour in Slovacchia, Slovenia e Ungheria, abbiamo ancora più voglia di portare la nostra musica in giro, quindi aspettatevi nuovi show, magari anche in posti in cui non abbiamo ancora avuto modo di esibirci. L’energia del palco è una parte fondamentale della nostra identità, e nel 2025 vogliamo alzare ulteriormente l’asticella. Infine, continueremo a curare ogni aspetto del nostro progetto, dall’estetica visiva ai dettagli produttivi, mantenendo quel controllo totale che ci permette di trasmettere al meglio la nostra visione artistica. Sarà un anno di evoluzione e di conferme, e non vediamo l’ora di condividere tutto questo con voi. Restate sintonizzati, perché il meglio deve ancora arrivare.

Dal punto di vista live ci sono show da menzionare? Se sì, a voi la parola!
Assolutamente sì! Il 24 maggio saremo a Pianoro per lo Spring Of Darkness, un evento che si preannuncia imperdibile. Condivideremo il palco con Vade Aratro, Levania, How to Become a Monster, Ruikil Dilemma e Life in Between, in una serata all’insegna della musica più intensa e coinvolgente. Ma non è tutto: abbiamo una data importantissima che annunceremo a breve, dove avremo l’onore di aprire direttamente per una band di fama internazionale. Non possiamo ancora svelare i dettagli, ma possiamo garantire che sarà un momento speciale per noi e per chi ci segue.
Restate sintonizzati, perché il 2025 sarà un anno di live memorabili!

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