Ne è passato di tempo dall’hype generato dal primo disco auto intitolato dei Kvelertak, risalente ormai al 2010: i norvegesi, grazie anche all’endorsement sempre pericoloso di Lars Ulrich (capace di affossare le band che sponsorizza come pochi altri… in casa Metallica porta molto meglio James Hetfield!), fecero il pieno di consensi con un azzeccato miscuglio di hardcore dal vago retrogusto black, condito dai testi in norvegese e video “crust patinati” (reclamo subito il trademark per questa definizione!). Il tempo passa, il velo black si è inevitabilmente sciolto come neve al sole (ad oggi, tredici anni dopo, possiamo ben dire che di black c’era poco o niente), e ritroviamo i Kvelertak in forma con una proposta molto più variegata e, diciamocela tutta, convincente. Concluso l’inevitabile effetto sorpresa, i norvegesi si sono accomodati in una posizione privilegiata nell’unire quell’hard rock di scuola scandinava che a cavallo del nuovo millennio aveva fatto sfaceli, con l’indole hardcore e rumorosa. Ivar Nikolaisen non ha più nulla da dimostrare come nuovo frontman, e se pecca in carisma, Erlend Hjelvik in questo rimane imbattibile, riesce a compensare con una notevole prova vocale, “graspy” ma anche sorprendentemente, a modo suo, melodica. L”incedere iniziale di “Krøterveg Te Helvete“ ci porta per mano in un vortice di hard rock sulfureo di stampo sabbathiano, echi del death”n”roll di scuola Entombed ultima maniera ed Hellacopters (la rock band scandinava per eccellenza!) e un piglio punk che da sempre contraddistingue i Kvelertak. Tra strampalati richiami folk, a ricordarci che il gusto per il pacchiano è sempre ben presente in casa Kvelertak, e pochi passaggi a vuoto, ci piace sottolineare come la titletrack sembra un tributo, e per altro riuscitissimo, del deathpunk di casa Turbonegro dei tempi d’oro. Insomma, i Kvelertak non saranno mai i primi della classe, ma con il tempo sono diventati una piacevolissima e paracula entità rock-core scandinava dal solido tiro.
Endling (2023 – Rise Records / Petroleum)