Non tutte le band hanno la fortuna di avere una seconda possibilità e raddrizzare una carriera che sembra essere compromessa. I Machine Head sono tra questi miracolati riuscendo a recuperare l’amore e il rispetto dei fan old school e più legati al metal dopo le sbandate moderniste di “The Burning Red” e “Supercharger”. Parliamoci chiaro: entrami gli album appena citati non erano di certo dei capolavori ma nemmeno una accozzaglia di monnezza messa in musica ma l’ego di R.Flynn e il flirt con le sonorità all’epoca più in voga (crossover, numetal e hiphop) era davvero troppo per il metallaro medio. “Catharsis” riapre delle ferite ormai guarite, andando a rimescolare le carte e tracciando un netto distacco dal “ravvedimento” metal della band di Oakland. Dentro i 75 minuti dell’album troviamo infatti di tutto: la classica fuck you attitude (“Volatile”, “Psychotic”, “Grind You Down”), rigurgiti nu con tanti di rapping (“Triple Beam”), alternative metal che non stonerebbere in un disco dei Papa Roach (“Kaleidoscope”), anthem punkeggianti (“California Bleeding”) atmosfere metal-grunge (“Screaming at the Sun”) e persino accenni folk-rock alla Dropckick Murphys (“Bastards”). In tutto questo il brano più prettamente metal, “Heavy Lies The Crown” risulta in modo bizzarro essere il più noioso del lotto. Astenersi defender of the faith e tifosi di Trump (i MH non sono senz’altro suoi supporter vista la natura dei testi), per tutte le altre tipologie di ascoltatori un album che può regalare discreti momenti di interesse.. A Robb Flynn piace shockare e questo album è il modo migliore per tracciare una linea: o si ama o si odia.
Catharsis (2018 – Nuclear Blast)