Nuovo EP per i Pinkshift, band di Baltimora ma con fortissima discendenza indiana. Partendo da un titolo che in hindu ha un significato legato a un senso di protezione divina, sicurezza e incolumità, possiamo già intuire che le tre storie raccontate in “Suraksha” hanno un significato molto personale per la band. Inizialmente concepito come un trittico di canzoni d’amore, l’EP ha preso una piega più intima dato dal decesso della nonna di Ashrita Kumar, cantante e liricista della band, che ha preso spunto dal tragico evento per ricalibrare i testi e gli arrangiamenti delle canzoni. Si percepisce sin da subito che “Suraksha” ha una valenza quasi catartica per la band, che prende come base il proprio pop-punk per avvolgerlo di una melodia suadente e malinconica ma con un “bite” rumoroso derivante dall’alternative rock e, perché no, da certo hardcore più melodico (i cori dei Turnstile, vicini di casa a Baltimora, deve avere avuto una forte influenza!). “Lullaby“, “Home” e la conclusiva dichiarazione d’amore di “To Me” danno la cifra di una band che in passato è stata erroneamente accusata di essere una semplice copia dei Paramore: onestamente nei Pinkshift ritroviamo molto di più e il nostro consiglio e di recuperare questo piccolo ma prezioso EP.
Suraksha (2023 – Hopeless Records)