Mai come questa volta vicini all’implosione gli Slipknot tornano con un nuovo capitolo discografico e lo fanno con rabbia, sofferenza e con un album che possiamo definire come il più variegato della loro carriera. “We Are Not Your Kind” è una dichiarazione d’intenti, la volontà di affermarsi diversi e allo stesso tempo fieri di esserlo: le parole di Corey Taylor in fase di presentazione del disco non lascia spazio a interpretazioni e dal punto di vista lirico ci troviamo di fronte ad un disco nero come la pece, pessimista sullo stato delle cose ma con una “inner strength” che lascia intravedere una luca, seppur fioca, in fondo al tunnel. Musicalmente “WANYK” mostra tutto l’arsenale a disposizione della band, dando in pasto ai fan il “classico” metal tribale “Unsainted”, “Nero Forte”, “Critical Darling” e “Orphan”, sfuriate in “odore” di “Iowa” come in “Red Flag” e deflagranti episodi dal sognwriting elaborato e sorprendente come “A Liar’s Funeral” e la conclusiva “Solway Firth”: in particolare quest’ultima ci mostra un crescendo esasperato con un uno sfogo conclusivo che in sede live promette fuoco e fiamme. Nel mezzo troviamo una “My Pain” (e la affine “Spiders”) dalle atmosfere spettrali tra il trip-hop dei Massive Attack e le colonne sonore di J.Carpenter mentre a sorpresa non trova spazio nella tracklist “All out of Life”, primo estratto del brano che aveva fatto gridare al miracolo tutti i fan della prima ora ma che viene “relegata” a bonus track dell’edizione giapponese. Difficile che “We Are Not Your Kind” possa riconciliare gli Slipknot con la fanbase dei primi due lavori ma dobbiamo dare atto alla band di essere riuscita a reinventarsi pur restando sé stessa in un album dai tanti spunti e dalle sonorità affascinanti.
We Are Not Your Kind (2019 – Roadrunner Records)