Quando si parla di metalcore è fuori discussione che il combo capitanato da Vincent Bennett sia uno dei punti di riferimento per tutti gli amanti “old school” di genere. Detto questo “Gravebloom” non fa gridare al miracolo ma mantiene senz’altro un livello più che dignitoso nel diffondere il verbo di queste sonorità e, detto tra noi, i breakdown degli Acacia Strain hanno sempre una marcia in più rispetto ai tanti competitor. Ok, non si vive certo di soli breakdown… e la pecca maggiore di questo album è che pur ritrovando tutti i tratti distintivi che tanto amiamo della band (brakdown giganteschi appunto, ma anche una pesantezza nei suoni invidiabile e un retrogusto malsano che suscitano nell’ascoltatore che è difficile non percepire) le canzoni proposte non sembrano tra le migliori del repertorio degli TAS. Forse siamo troppo pignoli ma al netto di qualche episodio, l’iniziale “Worthless” e “Abyssal Depths” su tutti, il disco suona troppo piatto e monocorde per poter essere ricordato nella discografia degli Acacia Strain. Solo per amanti ad oltranza.
Gravebloom (2017 – Rise Records)