“Misery” rappresenta il classico disco spartiacque per gli australiani The Amity Affliction. Il successore di “This Could Be Heartbreak” prevede una marcato ammiccamento a quanto fatto dai Bring Me The Horizon in tempi non sospetti, una ricerca quindi della melodia perfetta e un progressivo allontanamento dal metalcore degli esordi: se per gli inglesi questa netta virata ha portato fama e successo oltre all’inevitabile coda di critiche e detrattori, si può dire lo stesso degli Amity Affliction? Pronosticare lo stesso successo commerciale è senz’altro arduo visto che l’aura introspettiva deli australiani (anche in questo lavoro i testi vertono su tematiche tutt’altro che allegre) restringe il possibile bacino d’utenza della proposta musicale ma soprattutto l’appeal dei brani non è pari a quello dei BMTH. Joel Birch e Ahren Stringer ci regalano probabilmente le migliori performance della loro carriera, in particolare il bassista si cimenta in parti vocali melodiche al limite della perfezione che caratterizzano brani come “Holier Than Heaven” e “D.I.E.”. Il tutto quindi funziona ma le pecche non mancano a partire da qualche scelta azzardata in fase di composizione/arrangiamento, ad esempio gli effetti in voiceover su “Feels Like I’m Dying” che calcano davvero troppo la mano e appaiono forzati, e una generale mancanza di “hook” che possano rimanere in testa per un periodo costante. Al netto dei brani citati infatti, e aggiungiamo alla lista l’inziale “Ivy (Doomsday)”, la tracklist risulta fin troppo appiattita e composta da canzoni piacevoli ma mai memorabili.
Misery (2018 – Roadrunner Records)