Dopo averveli presentati sul numero di settembre del mag, eccovi l’intervista completa alla band lombarda, qui rappresentata dal chitarrista Stefano Salvatori e dalla voce femminile Giorgia Albanesi.
La prima cosa che ho notato di voi è il percorso stilistico che avete affrontato dall’esordio a oggi: una band che ha saputo muoversi da contesti puramente rock fino ad arrivare a quello che siete oggi. Come si sono evoluti i fatti e come siete arrivati a questo tipo di sound?
Un’idea precisa del come e cosa proporre all’inizio non c era. Solo la certezza di proporre un progetto che potesse arrivare subito alla gente attraverso un sound semplice e diretto. L’evoluzione nasce dal fatto che ci siamo conosciuti sempre di più tra di noi, portando ognuno a inserire qualcosa di personale in questo progetto. E di conseguenza anche il sound si è evoluto spontaneamente, in modo naturale con il passare del tempo.
Avete la fortuna di arrivare privi di ogni etichetta inerente alla vostra proposta. Pensate che questo essere “inediti” agli occhi dei media possa essere una carta a vostro favore?
Sicuramente presentarsi privi di etichette stilistiche è una strada più difficile ma decisamente soddisfacente. Ci ha permesso di lavorare senza influenze esterne, portandoci cosi a occuparci al 100% su ogni aspetto legato alla band e all’EP. Così, nel bene e nel male, chi vuole conoscerci ci può trovare in ogni dettaglio di “Life”.
Il vostro modo di proporre l’hard-rock mi ricorda le band di fine anni ‘70/’80. Siete d’accordo con questa mia tesi e cosa vi rende maggiormente orgogliosi di “Life”?
Sì. Ci sono influenze riconducibili a quel periodo ma anche altre più moderne. “Life” ci rende orgogliosi di essere riusciti a mettere le sensazioni di tutti e quattro in ogni brano, cercando di parlare di fatti e situazioni belle e brutte che tutti hanno vissuto e passato.
Potremmo parlare di un EP tendenzialmente legato a sentimenti contrastanti? Nei vostri testi vengono espressi molti concetti che potrebbero far pensare a ciò d’altra parte… Quale scrittore/musicista vi ha maggiormente influenzato nel modo di proporre i testi?
In parte è vero, come evidenziato da brani come “Tomboy” e “If You Want”. Quest’ultima è una canzone che parla del sentirsi bene accanto a una persona, di amarla e avere paura che un giorno si allontani, mentre “Tomboy” racconta di una ragazza che non rispetta gli standard di femminilità imposti dalla società, vivendo un rapporto con un ragazzo che cerca di cambiarla per adeguarla a ciò che la società impone. Quindi sì, si può parlare di sentimenti contrastanti ma non solo di quello. E’ un EP che parla della vita. E come sappiamo essa spesso ci porta davanti a situazioni molto contrastanti tra di loro. Non c’è un solo poeta, non c’è un solo scrittore o musicista, ma un insieme di tanti elementi presi dalla musica e dalla poesia. Giorgia è una grande appassionata di poesie, ma i testi sono un insieme di tantissimi elementi presi da artisti attinenti a poesia, teatro, film e musica.
Quanto è difficile proporre questo tipo di musica in un Paese che ha come modelli rock esempi iper commerciali?
Difficile ma non impossibile. Lavorando duro, cercando di muoversi al meglio, cercando di dare il massimo per riuscire a far recapitare il messaggio. L’unica certezza è che una band ci deve provare comunque!
Il primo singolo “Tomboy” penso sia perfetto per descrivere il vostro carattere in chiave musicale: brani brillanti e col giusto piglio. Come sono nati i brani del mini e quali sono state le situazioni più complesse da affrontare?
I brani sono nati da vari confronti interni alla band durati parecchio tempo. La parte più difficile è stata scrivere e comporre “I Regret”, perché è sempre difficile parlare di un lutto, non sai mai come affrontarlo, non sai mai come parlarne rischiando magari di essere frainteso. Due di noi avevano già perso una persona cara tempo fa e si sono letteralmente messi a nudo raccontando le loro vicende. Fa strano che proprio nel processo di scrittura e chiusura di “I Regret” altri due di noi abbiano subito un altro lutto molto vicino a loro. E’ stata dura ma allo stesso tempo ci sentivamo in obbligo di scrivere una canzone per i nostri amici.
In un mercato discografico come quello odierno faccio realmente fatica a posizionare un progetto come il vostro. Quali sono a vostro avviso le band italiane che potreste definire vicine al progetto Uncovered For Revenge?
Ci sono molte band che si stanno affermando nell’underground italiano. Sono forti e unite tra loro, sanno quello che fanno, con progetti indipendenti e di gran qualità. Sicuramente tra qualche anno riusciranno ad affermarsi nel mondo della musica. Noi cerchiamo di inserirci lì in mezzo a loro cercando di stare al passo e di dare una mano.
Cosa vorreste ottenere da questo EP?
Sarebbe bellissimo se chi si rispecchiasse nelle situazioni da noi descritte riuscisse a trovare aiuto, conforto o un sorriso nei nostri pezzi.
L’artwork sembra voler raccontare di un lungo viaggio. Cosa bolle in pentola nel future della band?
Racconta un lungo viaggio, perché passare attraverso le esperienze raccontate nell’EP è un cammino lungo, molto faticoso e solitario. Per quanto riguarda il futuro stiamo lavorando a nuovi brani, cercando di evolvere sia il sound sia i testi.
Dal punto di vista live come procedono le cose? Cosa dobbiamo aspettarci per I prossimi mesi dal vivo?
Per i live inizieremo la Fiera Internazionale della Musica che si svolgerà a Erba dal 9 all’11 settembre. Noi apriremo la giornata di domenica alle ore 12.00, dove presenteremo tutto il primo EP. Poi torneremo a Roma per una data il 24 settembre con tante altre valide band de “La Vetrina”. Poi ci prepareremo per il release party del 14 ottobre al Bgood 2.0. Quindi seguiteci sulle nostre pagine per restare sempre aggiornati!